Quella promettente assonanza tra cultura nerd e musica rock

Una delle cose che mi rimprovero, nel testo del mio libro, è aver usato qua e là “immaginario nerd” e “cultura pop” come sinonimi. Laddove non sono, propriamente, la stessa cosa. C’è una definizione consolidata della cultura pop che risale ad Andy Warhol; mentre I nerd salveranno il mondo si prende la briga – e il rischio – di delimitare i confini del corpus di opere, autori, registi, topoi e vibrazioni riconducibili a quello che ho scelto di definire “immaginario nerd”. Immaginario, perché il fantastico gioca una parte preponderante; nerd è una parola come un’altra, sorprendentemente (più del sinonimo/parallelo “geek”) in grado di definire un “gusto generazionale”.

Al netto delle forzature dovute all’urgenza del libro stesso, e al suo tono volutamente leggero – non chiederò mai abbastanza perdono per aver preso per i fondelli Stephenie Meyer – quello che sto imparando con le presentazioni e le chiacchiere relative alla stessa tematica è che, dietro l’apparente svista, c’era una tesi che ancora non avevo messo a fuoco.

Risolvendo l’apparente antitesi tra “cultura nerd” e “cultura alta” (pure questa meriterebbe ore di trattazione…) mi sono accorto che il posto giusto della prima dovrebbe essere in effetti vicino alla “musica rock”. Per tutti noi nerd il legame con Star Wars, con certi romanzi, attori, personaggi, è forte perché legato all’adolescenza: periodo in cui siamo ricettivi, in cui ogni passione è un intero universo, quelle storie, quelle modalità di racconto e persino (nei casi migliori) quei valori rimangono con noi per tutta la vita.

Le canzoni hanno lo stesso potere (magico) di rimanere fortemente legate ai primi momenti in cui le abbiamo sentite, cosa facevamo, chi eravamo. Vale per la musica pop, vale anche per le sensazioni negative (vedi alla voce: senso di inadeguatezza ai veglioni…). Ma per il rock è più forte perché c’è una partecipazione emotiva, di gruppo, sociale, di scelta e di ricerca. Ci vorrebbe un altro libro e pure qui sono contestabile; poi, i confini sono sfumati: ma Jimi Hendrix e Ed Sheeran non sono e non saranno mai sullo stesso piano.

C’entra forse l’esclusione? Il fatto che nascano come “controculture”? Può darsi. Ora sono saltate molte barriere, ma giurerei che alcune distorsioni di chitarra – espressive, energiche, di ricerca – ancora hanno difficoltà a essere trasmesse sulle radio generaliste. Così come la cultura mainstream tricolore fa fatica a capire un personaggio, per dire, come Simon Pegg. Che poi, vorrei proprio sapere se sia davvero così sconosciuto nel nostro paese, dopo Shaun of the Dead e dopo i reboot di Star Trek.

Cultura nerd e musica rock sono, azzarderei, le forme più genuine di arte popolare che il Novecento abbia saputo lasciarci in eredità. Entrambe oggi popolarissime, al punto di essere quasi scontate; entrambe vittima della nostalgia: quella la bomba a tempo che, è questione di anni, ucciderà entrambe. Laddove non sarà sufficiente la scomparsa per sopraggiunti limiti di età degli stessi protagonisti, ci penserà la reiterazione commerciale coatta (franchise).

Dalle parti della cultura alta istituzionale, periodicamente sentiamo campane a morto sul fatto che nessuno legge più libri. Intanto, nella “guerra dei saloni” tra Torino e Milano, l’esperienza “festival di fumetto” ha fatto più volte capolino, a volte in modo brillante, a volte belluino, tra le righe di programmazioni e riprogrammazioni di contenuti. E Lucca Comics&Games è lo stesso evento che due anni fa ha dovuto mettere un tetto al numero di biglietti venduti – se no, si rischiava il collasso della città. Da una parte eventi che rincorrono il pubblico, in ginocchio, sfruttando quella leva puzzolente che è la Celebrità (Televisiva); dall’altra un evento che cerca modi, il pubblico, per contenerlo (non ridurlo, ma controllare il successo per non farsene travolgere).

L’istruzione di massa ha reso accessibili a tutti storia, geografia, letteratura e scienza a livello base. In alcuni casi, li ha però consegnati a un compartimento stagno delle menti delle persone, un passato visto con fastidio. Depositari di conoscenza – per loro, utilissima! – che odiano quelle stesse nozioni, a volte, diventando persino felici analfabeti di ritorno. Le ragioni di questo sono infinite e puntare il dito dall’una e dall’altra parte è stupido. Il semplice trascorrere del tempo, in genere, è la spiegazione più plausibile.

Per ogni persona che sbuffa a sentire nominare Giacomo Leopardi, ce n’è un’altra che si entusiasma per Dylan Dog. Conosco non-lettori, che non visiterebbero mai una libreria, eppure che acquistano regolarmente libri biografie dei miti del rock. C’è più uno sguardo più consapevole sulla sociopolitica contemporanea in Apes Revolution che in molti, ponderosi, trattati; ed è un contenuto veicolato all’interno di un film di fantascienza di intrattenimento!

C’è entusiasmo, e passione, nella fruizione: scusate se poco. Oserei dire: divertimento; un termine che sfido ad affiancare alla parola Cultura. Eppure possono convivere. Sono convinto che attingere agli stili, alle modalità, ai miti della cultura nerd, mantenendo lo sguardo ben fisso sul presente, sia un modo intelligente per continuare a fare Cultura. Potrebbe essere l’ultima occasione disponibile.

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